Kelly Bergna – Domenica 14 aprile 2013, data della chiusura delle urne per l’elezione del municipio e del consiglio comunale di Lugano, Mendrisio e delle Terre di Pedemonte. Una data che segna una svolta e conferma “l’onda leghista” che aveva già caratterizzato le elezioni del Consiglio di Stato e del Gran Consiglio ticinese lo scorso aprile 2011. La Lega sempre più presente nel contesto politico ticinese, una soluzione alle preoccupazioni dei cittadini?
A Mendrisio e nelle Terre di Pedemonte il partito creato da Giuliano Bignasca riesce a conquistare per la prima volta un posto in municipio; ma il risultato più folgorante è quello di Lugano dove oltre a strappare un seggio allo storico partito di maggioranza, il partito liberale radicale (PLR), Marco Borradori conquista il titolo di sindaco di “quindicina” dopo 29 anni di una Lugano capitanata dal PLR Giorgio Giudici. Il nuovo municipio di Lugano si trova così composto da tre membri della Lega, Marco Borradori, Lorenzo Quadri e Michele Foletti, due membri del partito liberale, Giorgio Giudici e Giovanna Masoni Brenni, una socialista, Cristina Zanini Barzaghi e un PPD, Angelo Jelmini. Il consiglio comunale, invece, resta per la maggioranza composto dal PLR seguito dalla Lega dei Ticinesi.
Lugano, la città più grande in Ticino, conquistata dalla Lega dei Ticinesi
La Lega si dimostra ancora una volta protagonista della politica ticinese con campagne elettorali e slogan che catturano la massa e sembrano dar voce alle preoccupazioni del cantone. Ma nonostante il risultato eclatante del partito, con anche l’elezione dell’ex presidente a vita della Lega Giuliano Bignasca deceduto il 7 marzo scorso, soltanto il 54% della popolazione di Lugano si è recate alle urne (contro un 65% a Mendrisio). Se da una parte c’è sempre più il desiderio di esprimere le proprie perplessità tramite la voce imponente della Lega, dall’altra c’è anche un crescente disinteresse generale verso la questione politica. Quella del voto, simbolo per eccellenza della democrazia e della legittimità del governo, sembra un’ azione che non interessa più al popolo. Due domande allora sorgono spontanee: i cittadini non vanno a votare per atto di ribellione o perché non colgono l’importanza di questa prerogativa? E quali sono i motivi che spingono la maggioranza di quei cittadini che credono ancora nel potere della democrazia a votare per la Lega dei ticinesi?
Una prima risposta potrebbe essere quella che la gente non crede nella politica come strumento valido per cambiare le cose o, in alternativa, non crede ci sia qualcosa da cambiare. Ma se si crede nella politica perché credere nella Lega, o più generalmente, perché credere nell’UDC, il partito di maggioranza in Svizzera da cui la Lega riprende qualche slogan?
Spesso si spiega il forte consenso della Lega con la sua capacità nel cogliere le paure della gente. La paura di perdere il proprio posto di lavoro a profitto di una mano d’opera a basso costo dai paesi confinanti, la paura di essere vittime di un aggressione da parte di uno straniero che si sta ospitando, la paura che la voce di un così piccolo Stato non possa farsi sentire abbastanza nel contesto europeo, la paura di un mondo sempre più globalizzato in cui perdersi. Qualsiasi sia la motivazione la risposta è veloce e aggressiva e le soluzioni alle grandi questioni sembrano evidenti: meno frontalieri, meno stranieri, meno Europa, ecc…
L’identità svizzera – Valori e radici
E se il vero problema risiedesse in una questione d’identità o trovasse le sue radici nella confusione che il desiderio di affermare un’identità svizzera ha generato? Qual è l’identità della Svizzera? Quali sono i valori fondatori e caratterizzanti della Svizzera? Chi è un vero ticinese?
Colui che rimane indignato per gli stranieri che vendono droga ma che ne è anche il primo cliente? (Secondo l’ufficio cantonale di statistica nel 2011 le condanne a minori per violazione della legge sugli stupefacenti in Ticino si dividono in 132 per gli svizzeri e 24 per gli stranieri tra residenti e richiedenti d’asilo). Colui che è stufo degli italiani e vorrebbe erigere un muro alla dogana ma che va a fare la spesa in Italia perché è più conveniente? Colui che crede nella democrazia e rimprovera quelle dittature orientali che non ascoltano il proprio popolo ma che allo stesso tempo non va a votare e risponde con un “che noia sempre a parlare di politica”? Colui che difende a spada tratta la giustizia e l’umanità ma che è pronto a fare delle distinzioni nel momento in cui questi criteri vanno applicati? Siamo così impegnati a definire quel che non ci rappresenta, come andare in giro con un coltello in tasca e avere quella che chiamano una “violenza insita nella cultura” che se ci chiedono quali sono i valori della Svizzera recitiamo ideali tradizionali poco adatti al contesto attuale.
Se la democrazia è una delle virtù della Svizzera, allora perché non andiamo a votare? Il federalismo è parte dell’identità Svizzera? Anche la coesistenza di quattro lingue differenti? Allora perché non proiettare questo valore di “unione nella diversità” all’estero? Noi difendiamo l’individualità e la libertà d’opinione ma giudichiamo coloro che si differenziano dai nostri standard. Facciamo fatica ad adattarci all’evolversi del tempo e ci attacchiamo come bambini impauriti alle tradizioni passate rimpiangendole e vedendo il futuro come minaccioso.
Cosa aspettarsi dalla politica futura
Cosa sarebbe bello vedere nel futuro di Lugano e nel futuro della Svizzera? Uno spirito nuovo, che si nutre di fiducia e di speranza. Cercando di riscoprire i veri punti di forza e cercando di rendere partecipe anche il mondo esterno del sapere che ha condotto la Svizzera ad essere uno Stato in cui ci si vuole rifugiare. Basta con una politica che tende a fare del nostro Stato un paradiso intoccabile, che investe la maggior parte delle sue energie nel cacciare colui che è considerato “estraneo” o “pericoloso” piuttosto che diffondere un esempio positivo di unione, di umanità, di giustizia.
Spero che la Svizzera ritrovi l’essenza che più le appartiene. Non mi sembra che le politiche della destra abbiano rassicurato l’animo della gente che al contrario chiede sempre più durezza e che ha sempre più bisogno di dimostrare la sua autenticità; non mi sembra che le buone parole della sinistra sulla tolleranza e la collaborazione abbiano arricchito di un nuovo ottimismo. Sarebbe bello che ogni partito si facesse un esame di coscienza per realizzare che sta perdendo sempre più il sostegno del suo popolo e che una boccata d’aria fresca farebbe bene alla nostra politica.
Kelly Bergna è studentessa ticinese al terzo anno di Bachelor in Relazioni Internazionali presso l’Università di Ginevra. Collabora con Foraus dall’autunno del 2011, data della nascita del gruppo regionale ticinese.
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